Non potranno essere gli Stati Uniti a salvare l’Europa con l’aumento di forniture di petrolio e gas nel prossimo inverno. Il chiaro messaggio è arrivato direttamente dall’industria statunitense del settore energetico che ha inoltre avvertito sul possibile nuovo aumento dei prezzi del greggio sopra i 100 dollari al barile dovuto al calo delle esportazioni russe.
Europa, niente aiuti americani
Come rileva oggi il Financial Times, anche se i mercati petroliferi si sono indeboliti nelle ultime settimane, la tregua potrebbe presto finire quando entrerà in vigore entro la fine dell’anno l’embargo dell’Europa sulle esportazioni russe. Questa settimana il segretario al Tesoro statunitense Janet Yellen ha messo in guardia sul possibile aumento dei prezzi del petrolio.
I dirigenti dello “shale” americano che possono disporre di vaste riserve di petrolio e gas naturale in grado di essere utilizzate per alleviare la crisi energetica dell’Europa hanno però affermato di non essere in grado di aumentare le forniture in modo abbastanza rapido tanto da poter prevenire la scarsità invernale. “Non è che gli Stati Uniti potranno pompare ancora di più. La nostra produzione è quella che è – ha affermato Wil VanLoh, capo del gruppo di private equity Quantum Energy Partners, uno dei maggiori investitori dello shale patch – non ci sono salvataggi in arrivo, non dal lato del petrolio, non dal lato del gas“
Usa, aumentate le esportazioni verso l’Europa
Le esportazioni di petrolio e gas liquefatto dagli Stati Uniti sono aumentate per sfruttare i prezzi più elevati in Europa, ma ora sono vicine al massimo: la crescita della produzione di greggio non sarà all’altezza delle previsioni del governo di circa 1 milione di barili al giorno per il 2022. Alla domanda sulla prospettiva di un grande aumento di produzione da parte dell’industria statunitense è arrivata la netta risposta di Scott Sheffield, amministratore delegato di Pioneer Natural Resources: “no, non lo vedo in arrivo. Non stiamo aggiungendo impianti di perforazione e non vedo nessun altro pronto a farlo. I prezzi del greggio potrebbero salire sopra i 120 dollari al barile quest’inverno con la contrazione delle forniture”.
Prezzi in aumento
L’Agenzia internazionale per l’energia ha dichiarato mercoledì che le vendite di petrolio dalla Russia, il più grande esportatore mondiale, potrebbero diminuire di quasi il 20% quando entrerà in vigore l’embargo dell’Europa. I prezzi del Brent sono aumentati dell’1% a 94 dollari al barile. L’impennata della produzione di scisto nell’ultimo decennio ha reso gli Stati Uniti il più grande produttore mondiale di petrolio, con una produzione pre-covid che ha raggiunto i 13 milioni di barili al giorno, ovvero oltre il 10% dell’offerta globale. La crescita della produzione durante gli anni del boom ha soddisfatto da sola l’aumento generale della domanda globale, contribuendo a tenere sotto controllo i prezzi del greggio.
La produzione statunitense la scorsa settimana si è ripresa a soli 12,1 milioni di barili al giorno a seguito di un forte calo dopo che i prezzi del petrolio sono scesi durante la pandemia. Nuove preoccupazioni sulla crescita lenta dell’offerta arrivano perché anche il mercato diventa ansioso per i dubbi sulla capacità del gruppo di produttori Opec di poter aumentare l’offerta. La scorsa settimana, il cartello ha infatti annunciato un piano per iniziare a ridurre la produzione.
Produzione precipitata

Mentre le supermajor Chevron ed ExxonMobil, così come alcune società private, stanno aumentando la perforazione, il numero complessivo di impianti operativi si è bloccato nelle ultime settimane e la produttività per pozzo è precipitata. Ben Dell, amministratore delegato del gruppo di private equity Kimmeridge Energy, ha affermato che gli investitori a Wall Street non darebbero la loro benedizione a un grande aumento della produzione, preferendo un
modello a bassa offerta e ad alto profitto. “Gli investitori generalmente non vogliono che le società del settore perseguano un modello di crescita, la disponibilità di capitale è estremamente limitata”. Un modesto aumento dell’offerta dagli Stati Uniti nei prossimi mesi “non farebbe muovere le cose su scala mondiale – ha spiegato Matt Gallagher, a capo di Greenlake Energy Ventures – può essere pericoloso se pensiamo che questa energia a basso costo dovesse crescere per sempre, specialmente nel settore petrolifero“.
Un Paese sul piede di guerra
Il governo degli Stati Uniti ha combattuto per mesi nel tentativo di abbassare i prezzi del greggio e della benzina che hanno raggiunto un livello record all’inizio di quest’anno e allarmato l’amministrazione Biden in vista delle elezioni di medio termine di novembre. La Casa Bianca ha invitato i produttori ad aumentare l’offerta, con la segretaria per l’energia Jennifer Granholm che ha evocato “un Paese sul piede di guerra “. Yellen ha affermato che gli Stati Uniti stanno lavorando con gli alleati del G7 per ritagliarsi potenziali esenzioni dall’embargo russo per evitare uno shock dell’offerta.