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Rischio default per l’8% delle imprese: ecco quelle più esposte

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Pericolo default. C’è il rischio di una crisi economica, paragonabile a quella del 2008, che potrebbe mettere a rischio l’8% delle imprese italiane, soprattutto quelle che operano nel settore auto e food. Il quotidiano Milano Finanza anticipa le conclusioni di un report che offre un panorama non molto incoraggiante.

Lo scenario base

Il report è stato realizzato su un campione di oltre 16 mila imprese con rating regolamentare ed equamente distribuite sul territorio nazionale. Tre gli scenari presi in esame: quello base, uno intermedio ed uno negativo costruito sulla base di proiezioni sempre più critiche dal punto di vista macroeconomico. Comunque sia, in tutti e tre i casi il rischio di default medio si colloca al di sopra del livello toccato nel picco dell’ondata Covid e questo la dice la lunga perché si trattava di un periodo storico di sostanziale blocco del tessuto produttivo.

Nello scenario definito base si prevedono miglioramenti nella situazione geopolitica, rallentamento economico e non recessione, flussi attivi di gas dalla Russia, mercato del lavoro in espansione e piena attuazione del Pnrr. Nello scenario intermedio la situazione presa in esame è già peggiorata con un contesto economico più precario, stallo geopolitico, rallentamento nell’attuazione del Pnrr e conseguenti ritardi nella ricezione dei fondi europei. La probabilità di default media salirebbe quindi dal 5,91% al 6,29%.

La peggiore delle ipotesi

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Nella peggiore delle ipotesi saremmo tornati in piena crisi stile 2008 con il rischio di fallimento per le imprese italiane che aveva raggiunto l’8%. In questa speriamo improbabile terza ipotesi, delinea questo quadro: recessione economica globale (come prefigurato dal Fondo Monetario Internazionale), inasprimento del conflitto in Ucraina e forse altre crisi, completa interruzione delle forniture di gas, mancata attuazione delle riforme del Pnrr, aumento degli spread sul debito pubblico.

Come spesso capita quando si verificano tempeste finanziarie ed economiche a rimetterci sarebbero soprattutto le aziende più piccole: una microimpresa rischierebbe quattro volte di più di una con maggiori dimensioni, con una probabilità di default al 2023 che schizzerebbe addirittura al 10,8%. Anche le aree più defilate sono quelle con maggiori rischi: un’impresa nelle isole avrebbe una possibilità doppia di fallimento rispetto ad una insediata nel Nord Ovest.

I settori più traballanti in caso di peggioramento del quadro macroeconomico sono quelli dell’automotive (a causa del rincaro delle materie prime e della carenza dei chip), l’agricoltura e il food and beverage (a causa della siccità e dell’aumento dei prezzi dei beni alimentari).Al contrario i settori con meno rischi sembrano essere quelli del turismo (per la ripresa dei flussi anche dall’estero), dell’information technology e delle telecomunicazioni.

Recessione rimbalza dagli Usa

E il rischio recessione rimbalza anche dagli Usa. Secondo quanto riportato dall’Ansa, Il pil americano nel secondo trimestre si è contratto dello 0,9%. Il dato è peggiore delle attese degli analisti, che scommettevano su un +0,4%. Il pil statunitense si era contratto nei primi tre mesi dell’anno dell’1,6%. Per gli Usa si tratta quindi di due trimestri consecutivi di contrazione della crescita e quindi di recessione. Una crescita negativa per due trimestri consecutivi infatti è la definizione di recessione tecnica.

Una definizione che da giorni spacca la politica americana, con la Casa Bianca che minimizza così come la Fed. Proprio Jerome Powell, chairman della Banca centrale, ha detto che a suo avviso l’eocnomia americana non è in recessione in quanto continua a creare posti di lavoro.

Come ricorda Il Sole 24 Ore c’è stato comunque il marcato intervento della Fed con “la più aggressiva campagna di strette di politica monetaria dagli anni Ottanta, coronata da due mosse da 75 punti base sui tassi a giugno e luglio, anche se ha indicato che potrebbe adesso moderare i rialzi in attesa che facciano sentire appieno i loro effetti. Gli analisti anticipano forse altri 50 punti a settembre e 25 a novembre e dicembre. E lo stesso Powell ha ammesso che, se l’obiettivo ideale resta un soft landing, evitare aumenti della disoccupazione e recessione sarà difficile”.

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