L’aumento dei prezzi è destinato a durare nel tempo. Soprattutto le oscillazioni dei prezzi di alcune materie prime in seguito all’invasione dell’Ucraina. Il livello dei prezzi, in particolare del grano, rimarrà su livelli elevati anche nel prossimo futuro. Questa l’analisi di Felix Odey, Portfolio Manager e Global Resource Equities di Schroders, uno dei principali gruppi finanziari globali, con un patrimonio gestito e amministrato allo scorso giugno di 898,4 miliardi.
Prezzi: i prossimi scenari

Lo scenario che si apre è quello di una domanda in grado di mantenersi su livelli elevati ed un’offerta invece limitata fino al 2023. Con una tendenza di ulteriore peggioramento. «Questo perché i modelli climatici imprevedibili stanno aumentando l’incertezza dell’offerta, insieme alla possibilità di continue interruzioni della produzione in Ucraina. Nel frattempo, le colture saranno probabilmente prodotte con meno fertilizzanti, in seguito ai significativi aumenti dei prezzi e all’interruzione dell’offerta nei mercati dei fertilizzanti a causa della guerra».
Aumento prezzi e crisi ucraina
La crisi sul fronte ucraina è chiaramente il principale motivo dell’impennata dei prezzi delle materie prime considerando che Russia ed Ucraina sono importanti esportatori di prodotti alimentari e non solo. «L’olio di girasole e i cereali (mais, grano e orzo) sono stati i più colpiti dal punto di vista agricolo. Sul fronte dei fertilizzanti, invece, il potassio (40% delle esportazioni globali, se si include la Bielorussia) ha subito le maggiori interruzioni».
Rimane difficile oggi fare operazioni di lungo periodo, molto dipenderà dall’evoluzione del conflitto. Si può già dire però che la situazione non sia particolarmente florida considerando che alcune aree strategiche dal punto di vista agricolo sono state dilaniate da aspri combattimenti con tanto di mine e attrezzature andate distrutte. Con un effetto domino.
«L’interruzione delle esportazioni di materie prime dall’Ucraina e dalla Russia avrà ripercussioni sui prezzi anche di altre materie prime: i prezzi dell’olio di palma, ad esempio, sembrano destinati a salire, dato che viene sempre più utilizzato come sostituto dell’olio di girasole. L’aumento dei prezzi di un’ampia gamma di materie prime riduce anche l’incentivo per gli agricoltori di altre zone a spostarsi verso la coltivazione del grano – il che risolverebbe alcuni dei vincoli dell’offerta – visto che possono comunque ottenere prezzi buoni per altre colture».
Aumento prezzi e fertilizzanti
A complicare ulteriormente il quadro c’è poi la questione dei fertilizzanti il cui costo per gli agricoltori americani è aumentato tra 2020 e 2022, passando dal 14% al 23%, con un impatto nella semina. «Secondo l’ultimo sondaggio dell’USDA, gli agricoltori statunitensi prevedono di piantare livelli record di soia (che richiede relativamente meno fertilizzanti) e meno grano e mais primaverili. Recentemente si sono manifestati segnali di una drastica riduzione della domanda di fertilizzanti.
Gli agricoltori hanno rinunciato all’acquisto, quando possibile, sperando in un calo dei prezzi nel corso dell’anno. Si è rivelata una profezia che si autoavvera, con i prezzi statunitensi inferiori del 35% rispetto al picco di marzo. Per il grano, l’applicazione di fertilizzanti inizia abbastanza presto nella stagione, con un picco tra fine giugno e metà agosto. Nelle prossime settimane si vedrà quindi l’effetto sulla domanda».
Meno grano per gli animali e biocarburanti a rischio
La riduzione alle esportazioni di grano avrà effetti anche per altri due settori. Uno è quello dell’alimentazione animale (al momento il grano rappresenta il 20%) e quindi si dovranno studiare fonti di alimentazione alternative. L’altro è quello dei biocarburanti che fin qui utilizzavano circa il 10% del grano mondiale. «Le aziende produttrici di biocarburanti di prima generazione, quelle che utilizzano alimenti commestibili anziché i rifiuti, potrebbero subire una certa pressione politica se i governi sospendono o eliminano i sussidi. Altri rischi sono rappresentati dalle limitazioni dell’approvvigionamento e dai danni alla reputazione».
I prezzi rimarranno alti
A tenere i prezzi alti anche le condizioni climatiche. Le previsioni di un aumento di due gradi di riscaldamento globale porterebbero ad un’ulteriore contrazione delle rese di grano e mais rispettivamente del 14% e del 12%.«Tutto ciò delinea un quadro di prezzi agricoli elevati nel prossimo futuro. L’aumento della popolazione significa che la produzione mondiale di cibo e acqua dovrebbe aumentare del 70% entro il 2050 rispetto ai livelli del 2010. Il clima e i fattori ambientali in generale fanno sì che l’intensità delle risorse debba ridursi di circa due terzi nello stesso periodo.
Nel breve termine, è probabile che la sicurezza alimentare diventi la priorità dei governi. In prospettiva, il sistema deve essere reso più sostenibile, altrimenti sarà soggetto a cicli di feedback negativi sempre più dannosi, come fenomeni meteorologici estremi e degrado dell’ecosistema».