Come si presenta l’Italia post-Draghi? Nel clima di grande incertezza globale c’è il rischio di non saper affrontare i problemi e le sfide che ci attendono. Come spiega in questa intervista video Pietro Paganini, fondatore di Competere.eu
La caduta di Draghi: incertezza generale
La situazione di incertezza politica dopo le dimissioni di Draghi si riflette sui mercati e sui grandi investitori ma anche internamente al Paese. Questa instabilità genera sfiducia verso chi guarda l’Italia dall’estero visto che non godevamo di grande credibilità prima dell’arrivo di Draghi. Una situazione che frena anche gli investimenti interni per la mancanza di un governo e perché non si capiscono i concreti programmi delle coalizioni che si presentano alle elezioni. Questo inibisce i grandi investimenti ma anche i piccoli consumi.
L’economia italiana va meglio rispetto a quelle europee, lo stesso Fondo Monetario Internazionale ci offre una prestazione migliore. Il rimbalzo della domanda in Italia è stato molto scarso, l’inflazione non è da domanda come negli Usa dove si è reagito rapidamente alla fine del lockdown. In Italia c’è stato un basso rimbalzo nella fase dei consumi, è quindi un’inflazione importata che va a frenare i consumi. Quello che manca è una strategia di intervento per calmierare l’inflazione che non siano misure da banca centrale: politiche di tetto dei prezzi o di sostegno alle famiglie. In questa fase estiva le famiglie potrebbero soffrirne.
Pnrr a rischio senza Draghi?

C’è poi la questione del Pnrr. Con il cambio di governo potrebbero non arrivare i 19 miliardi previsti per l’autunno? Su questo sono ottimista perché Draghi è stato bravo a staccare il meccanismo dalla macchina politica. Il progetto dovrebbe andare in porto lo stesso quasi in automatico. Se però dovesse mancare la volontà politica del prossimo governo o l’incapacità di raggiungere i 55 target (alcuni fondamentali come la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione) c’è un rischio di perdere quelle risorse.
La figura tecnica di Draghi ha aiutato a coprire la sfiducia nei confronti dell’Italia. Con il nuovo governo questa reputazione resterà? Difficile che vada verso il meglio, più probabile un peggioramento della situazione. Da una parte quelle risorse servono a spingere i consumi e poi a rinnovare le proprie infrastrutture e quegli strumenti che servono all’attività economica.
Incertezza globale
Siamo nell’età dell’incertezza globale con la quale dobbiamo imparare a convivere, pensiamo ai cambiamenti climatici, all’impatto della siccità sulla produzione agricola e sulla vita di tutti noi, la questione della stabilità geopolitica con le vicende dell’Ucraina e di Taiwan. C’è il problema generale dell’interruzione della catene mondiali delle forniture energetiche oppure legate alla componentistica. L’Italia si presenta di fronte a questo scenario con un po’ di difficoltà. In autunno c’è da affrontare il nodo Pnrr, le crisi globali, il problema energetico ossia come alimentare l’energia del nostro Paese.
Un piano delle materie prime
Abbiamo sollevato l’attenzione sulla necessità di un piano più generale delle materie prime, non solo gas e petrolio. Mi riferisco ad alimenti e nutrienti che servono a far funzionale l’Italia. Abbiamo rischiamo molto ma sofferto meno di altri in questi mesi. Proprio per evitare futuri pericoli è bene investire nelle filiere sostitutive. Dobbiamo costruire delle catene di forniture e di valore che siano intercambiabili in caso di necessità. Abbiamo necessità di importare ed esportare, quindi abbiamo bisogno di filiere affidabili, per accompagnare soprattutto le piccole e medie imprese a poter essere competitive. Tutti i temi che stanno mancando nella campagna elettorale.
Non voler risolvere i problemi
L’Italia dove vuole andare? Non devono esserci relazioni commerciali rappresentate da privilegi come con gli Stati Uniti, magari in guardando in direzione Asia, senza quella subalternità che vediamo con gli Usa. Serve un rapporto paritetico. Non dobbiamo più affidarci ad un solo Paese per una materia prima. Ci aspettano dei mesi difficili, quello che mi preoccupa è che questo dipende dal non voler affrontare i problemi. Dobbiamo essere preparati, come gli alpinisti in montagna che sono ben attrezzati di fronte a qualsiasi avversità. L’Italia rischia invece di presentarsi a mani nude mentre avremmo bisogno di costruire strumenti solidi dalla nostra parte.