L’intelligenza artificiale rappresenta potenzialmente un mercato da 300 miliardi di dollari ma agli italiani sembra ancora fare troppa paura. Tra gli scenari più temuti quello delle quali infinite applicazioni ma anche per le conseguenze a livello economico, sociale e lavorativo. Secondo l’ultimo studio di Unicusano, condotto proprio dall’intelligenza artificiale di Chat GPT, il mercato globale tocca oggi i 62,4 miliardi di dollari per arrivare, entro il 2026, a superare i 300 miliardi secondo le stime degli analisti.
Di questi, solo i Chatbot, come Chat GPT, nel 2016 valevano 190,8 milioni di dollari facendo registrare negli anni una crescita del +555% che entro il 2025 raggiungerà l’ 1,25 miliardi di dollari. Eppure nel nostro Paese non sembra ancora fare breccia questa realtà. Anzi ci sono ancora troppi timori e incognite per il futuro. Non certo una novità per l’Italia, spesso restia a certi tipi di innovazioni.
Intelligenza artificiale, Italia fanalino di coda
In questo scenario di forte crescita, l’Italia è fanalino di coda insieme al Giappone per quanto riguarda i Paesi a forte indice di sviluppo. Anche se il mercato post-pandemico dell’intelligenza artificiale è raddoppiato, registrando un +27% e assestandosi su un valore di 380 milioni di euro, Unicusano nel suo studio evidenzia infatti come campi di applicazione e investimenti delle aziende siano in Italia molto circoscritti: soltanto 6 aziende su 10 hanno avviato almeno una progettualità di intelligenza artificiale nei settori dei servizi finanziari, dei trasporti, del retail e dei servizi pubblici.
Entro però il 2024 per l’Italia è prevista una crescita del 41,4% solo in ambito imprenditoriale. Le aziende che hanno saputo cogliere le potenzialità dell’AI oggi gli affidano diversi “compiti”: dal risparmio di tempo nell’espletamento delle attività alla drastica riduzione dei margini di errore; dall’aumento delle performance a quello delle entrate, dall’individuazione tempestiva di eventuali problematiche all’elaborazione e analisi di un’enorme quantità di dati, dal miglioramento dell’esperienza con il cliente al risparmio di denaro.
Intelligenza artificiale, il timore degli italiani
Per gli italiani, però, esiste anche un lato oscuro legato allo sviluppo dell’intelligenza artificiale: il 40% di loro poco si fida e il timore più grande tocca la sfera della professione. Il 71% degli italiani, secondo una ricerca condotta da Ipsoa e ripresa puntualmente dall’Unicusano, teme un impatto negativo sull’occupazione. A temere di più sono copywriter, insegnanti, traduttori, ma anche programmatori, marketer e ricercatori, tutti provenienti da ambiti già toccati dalle più recenti applicazioni di intelligenza artificiale.

In questo scenario di preoccupazione globale, i timori dei lavoratori sembrano trovare fondamento nell’indagine di Unicusano: per l’ateneo telematico, infatti, fra poco meno di sette anni l’automazione del lavoro sarà responsabile della perdita di circa 73 milioni di posti di lavoro negli Stati e di 15 milioni in Europa.
Nonostante le perplessità a livello etico-comportamentale e sociale, il sentiment nei confronti delle AI è comunque positivo, tanto che il 60% delle persone sostiene che l’intelligenza artificiale migliorerà la vita in alcuni ambiti come l’istruzione, l’intrattenimento, l’apprendimento, lo shopping, i trasporti, l’ambiente.
Intelligenza artificiale e Automotive
A sorprendere è invece l’automotive, da sempre molto attenta allo sviluppo tecnologico, alla ricerca di nuove soluzioni e alla “naturale” inclinazione a esplorare nuove possibilità. In questo caso non ha ancora sfruttato le potenzialità AI soprattutto perché la legge non consente la sperimentazione di veicoli a guida automatica con automazione maggiore della classificazione SAE 2 (veicoli a “guida cooperativa”, con sistemi di ausilio alla guida). Eppure i campi di applicazione sono davvero tanti: monitoraggio delle condizioni stradali, nessun intervento umano, abilità predittive, possibilità di conversare con sistemi di IOT incorporati per esempio nei semafori o nella carreggiata, riduzione degli incidenti stradali (il 94% sono oggi dovuti a errori umani).