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Per ridurre i costi energetici bisogna tagliare subito le emissioni: studio su Nature Communications

costi energetici

La riduzione dei costi energetici, ormai non più sostenibili, passa dal taglio immediato delle emissioni. Un nuovo studio pubblicato su Nature Communications da ricercatrici e ricercatori della Fondazione CMCCCentro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, dell’Università Ca’ Foscari Venezia, di RFF-CMCC European Institute on Economics and the Environment e di LSHTM – London School of Hygiene & Tropical Medicine evidenzia che l’energia necessaria per l’adattamento ai cambiamenti climatici comporterà investimenti e costi energetici più elevati di quanto si stimasse precedentemente.

Ridurre drasticamente e rapidamente le emissioni dannose per il clima avrebbe quindi il vantaggio, finora trascurato dal dibattito pubblico e dalle negoziazioni sul clima, di evitare una gran parte dei consumi e dei costi energetici dovuti all’adattamento.

Proiezioni preoccupanti

A causa delle ondate di calore, la domanda globale di elettricità aumenterà del 7% entro il 2050 e del 18% entro il 2100, con  importanti aumenti dei costi dei nostri sistemi energetici se non si metteranno in atto politiche aggressive di mitigazione dei cambiamenti climatici. Il nuovo studio fa luce su un aspetto ancora poco esplorato dell’analisi delle politiche climatiche necessarie per la transizione energetica. Le esigenze di adattamento ai cambiamenti climatici riducono l’efficacia delle misure di mitigazione delle emissioni, rendendo necessaria una loro revisione che tenga conto dei già evidenti cambiamenti del clima.

L’articolo esamina come l’adattamento ai cambiamenti climatici in atto abbia un impatto rilevante sui sistemi energetici e quindi sul raggiungimento degli obiettivi di mitigazione e sui loro costi economici. La stima del fabbisogno energetico per l’adattamento ai cambiamenti climatici ha delle importanti implicazioni per la transizione verso la sostenibilità e la decarbonizzazione delle economie.

Schiavi dei combustibili senza un vero cambiamento

«Adattarsi ai cambiamenti climatici modificando i nostri consumi energetici, come abbiamo fatto in passato, aumenterà la domanda globale di elettricità – sottolinea Francesco Pietro Colelli, primo autore dello studio –  Considerando che la nostra produzione di elettricità deriva ancora essenzialmente da gas, carbone, e petrolio, c’è il rischio che molti degli investimenti energetici delle prossime decadi siano quindi indirizzati ai combustibili fossili, a scapito delle rinnovabili. Secondo le nostre stime, questo significherebbe ricorrere a circa 30-35 nuovi grandi impianti a gas e 10-15 nuovi grandi impianti a carbone e petrolio ogni anno da qui al 2050».

In Europa, l’aumento della domanda di elettricità per il raffrescamento degli ambienti sarà più che compensato dalla diminuzione della domanda di combustibili per il riscaldamento, portando in sostanza ad un risparmio energetico da qui a fine secolo. Purtroppo però da qui al 2050, e considerando le attuali politiche per il clima, saranno comunque necessari ulteriori 235 miliardi di euro di investimenti e spese operative per la generazione e la trasmissione di elettricità per il raffrescamento degli ambienti. Con i costi energetici che stanno schizzando sempre più in alto.

Costi energetici destinati a crescere

«I costi energetici globali per la fornitura di elettricità da qui a fine secolo, comprensivi dei costi di generazione, reti, e combustibili, calcolati in termini di valore attuale, aumenteranno del 21% – aggiunge Enrica De Cian, coautrice dello studio e leader del progetto europeo ERC ENERGYA – I costi energetici aggiuntivi saranno trasferiti ai consumatori attraverso l’aumento del prezzo dell’elettricità, che potrà crescere dal 2 al 6% a seconda della regione considerata.

Adattarsi alle ondate di calore attraverso l’uso di aria condizionata richiederà anche investimenti aggiuntivi nelle reti e nella produzione di energia. Politiche di mitigazione ambiziose possono tuttavia dimezzare l’aumento dei costi energetici indotti dall’adattamento, a seconda dell’ambizione degli obiettivi climatici. La riduzione delle spese energetiche per l’adattamento compensa i maggiori costi necessari per la decarbonizzazione, tanto da comportare un beneficio economico netto in termini di costi del sistema energetico in scenari ben al di sotto dei 2 gradi di riscaldamento.

L’adattamento ai cambiamenti climatici induce variazioni nei mercati energetici che si traducono in una variazione delle emissioni di gas serra cumulative intorno al 7% da oggi al 2100. Come conseguenza della variazione delle emissioni, politiche di mitigazione ambiziose comporteranno un aumento del prezzo globale del carbonio tra il 5% e il 30%. Un aspetto che può avere importanti implicazioni per i negoziati internazionali sui cambiamenti climatici».

L’avviso della Francia

E mentre sull’ipotesi di price cap al prezzo del gas per frenare i costi energetici potrebbe arrivare un’inattesa convergenza, la strada di un razionamento, volontario od obbligatorio, sembra ormai scontata. In Italia se ne dovrà occupare il nuovo governo e se la situazione dovesse precipitare, non è escluso un intervento di quello dimissionario, con le elezioni lontane quasi un mese e poi i tempi di insediamento necessari al nuovo esecutivo.

La Francia invece, dopo le parole di Macron, ricorre per il momento alla persuasione morale con le parole della premier Elisabeth Borne. In un discorso tenuto presso la Confindustria d’oltralpe, ha riepilogato i rischi imminenti che dovranno affrontare le imprese, chiedendo piani di sobrietà chiedendo ai capi industria di elaborare a settembre piani energetici per la riduzione del 10% dei consumi, evitando così che sia il governo  ad imporla. “Ogni azienda deve mobilitarsi ed agire” ha detto la premier dando appuntamento per una prima valutazione di quanto fatto all’inizio di ottobre.

Categorie News

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