Le sigarette elettroniche possono rappresentare una forma di prevenzione almeno parziale? Il tema è stato affrontato nella prima delle due giornate della Winter School 2023 di Motore Sanità, che si è svolto a Pollenzo (CN), con il patrocinio dell’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. Secondo Fabio Beatrice, Primario Emerito di Otorinolaringoiatria in Torino, Fondatore del Centro Antifumo Ospedale SG. Bosco di Torino, pur non risolvendo la questione della dipendenza, si abbatte di molto la tossicità da combustione a cui sono legate la maggior parte della malattie indotte dal fumo di sigaretta. Per gli utilizzatori di sigarette elettroniche arrivano dunque parziali buone notizie.
Sigarette elettroniche, un passo in avanti
“Negli ultimi anni il dibattito scientifico è soprattutto focalizzato sulle sigarette elettroniche che, secondo alcuni, rappresentano un ulteriore rischio per la questione delle dipendenze da nicotina, mentre per altri esperti rappresentano una buona opportunità di riduzione del rischio legato alla combustione per tutti i fumatori che non riescono a smettere o non vogliono smettere”, rileva Fabio Beatrice, Primario Emerito di Otorinolaringoiatria in Torino, Fondatore del Centro Antifumo Ospedale SG. Bosco di Torino, Direttore Scientifico del Board di MOHRE.
“Le sigarette elettroniche potrebbero rappresentare una forma di prevenzione parziale nei fumatori incalliti: pur non risolvendo la questione della dipendenza, abbattono di molto la tossicità da combustione a cui sono legate la maggior parte delle malattie indotte dal fumo di sigaretta. Il Ministero della Salute della Gran Bretagna lo considera non a caso un’indicazione utile alla salute pubblica. Si ritiene che la strategia clinica della riduzione del rischio presente in tutti gli ambiti della medicina dovrebbe essere opportunamente discussa e applicata, con buon senso ed equilibrio anche al settore del tabagismo visto l’elevatissimo numero di decessi che ogni anno si ripete”.
Quanti sono i fumatori in Italia?
Oltre le sigarette elettroniche, quanti sono i fumatori in Italia? “12,4 milioni di fumatori in Italia sono la prova che il proibizionismo non paga” – spiega il dottor Claudio Zanon, Direttore Scientifico di Motore Sanità. “Un dato che è anche il risultato delle politiche di prevenzione finora portate avanti che, evidentemente, non hanno funzionato”, aggiunge Luciano Flor, già Direttore Generale Area Sanità e Sociale Regione del Veneto. “Fermo restando che la proposta numero uno è smettere di fumare, i professionisti e gli esperti di settore ritengono che occorra intraprendere una strada basata sulla riduzione del rischio attraverso tutti gli strumenti disponibili e le alternative messe in campo”.

Un tema molto dibattuto quello sul fumo. Purtroppo in Italia solo 13mila fumatori si rivolgono ai centri antifumo (268 in tutto, sparsi nel nostro Paese): una percentuale molto piccola (inferiore all’1%) considerato che, per effetto della combustione del fumo di sigaretta, muoiono ogni anno circa 93 mila persone in base alle indicazioni del Ministero della Salute. Le percentuali di cessazione, pur in osservanza delle linee guida, sono modeste e certamente inferiori a una percentuale del 50% dei soggetti trattati con un follow up di 3 anni.
Sigarette elettroniche, danno ridotto?
Per quanto riguarda il fumo e i danni ad esso correlati, relativi anche all’ambiente e alla salute, il numero di studi scientifici sulle sigarette elettroniche, in tema della riduzione del danno negli ultimi 5 anni si è triplicato. A ribadirlo è Pasquale Caponnetto, Assistant Professor of Clinical Psychology, Department of Educational Sciences, University of Catania and Center of Excellence for the acceleration of Harm Reduction (CoEHAR), University of Catania.
“Assistiamo a una proliferazione scientifica senza precedenti da ogni parte del globo e si tratta di ricerche internazionali che, per la maggioranza, dimostrano il 90% di minor danno dei dispositivi a rischio ridotto, ovvero privi di combustione. In Italia, 1 italiano su 4 ancora fuma e solo il 9% dei tabagisti riesce a mantenere l’astinenza per più di sei mesi. Purtroppo, ci siamo dimenticati che al centro del dibattito scientifico devono sempre esserci il benessere e la salute fisica e mentale di chi utilizza sigarette e la tutela delle classi più a rischio, giovani e fumatori cronici in primis.
Non dimentichiamoci, inoltre, che anche la tecnologia può fornirci un aiuto fondamentale nel trattamento della dipendenza da fumo, attraverso servizi di telemedicina e di realtà virtuale, che possono aiutare tutti coloro che per impossibilità di diversa natura non possono ricevere il supporto e il sostegno di un professionista, un’arma vincente per uscire definitivamente dalla porta del fumo. Il sistema delle politiche pubbliche deve iniziare a dialogare con la scienza e a leggere le evidenze, senza preconcetti di parte. Solo cosi possiamo davvero aiutare chi vuole smettere di fumare ed anche chi non riesce a farlo da solo”.